Il sistema sanitario nazionale (SSN) era nato come una importante conquista da parte dei lavoratori e dei cittadini, a partire dai più bisognosi, come un sistema di assistenza pubblica, gratuita ed egualitaria, comprensiva della prevenzione e della riabilitazione, a carico della fiscalità generale. Ma da parte dei vari governi che si sono succeduti, centro-destra e centro-sinistra senza distinzione, ha subito una continua aggressione, ricevendo picconate che ne hanno minato profondamente le basi, sotto la pressione costante degli interessi speculativi del settore privato. Ha subito colpi tremendi come l’aziendalizzazione, dove la salute è diventata una merce, e con l’introduzione delle liberi professioni all’interno, dove accade che di fronte a molti mesi di attesa con il servizio pubblico, per ricevere le stesse prestazioni nella stessa struttura ospedaliera a pagamento con breve attesa.
Tutto ciò come conseguenza dei tagli prodotti dai governi che si sono succeduti, al fine di ridurre i costi, tagliando servizi e riducendo il personale, esternalizzando i servizi e precarizzando i lavoratori e infine introducendo ticket sempre crescenti che portano alla rinuncia della prestazione per le fasce più deboli della popolazione. Anche quest’anno il governo ha messo in bilancio tagli sulla sanità di circa 115 miliardi di euro con conseguenze sui lavoratori e lavoratrici nel peggioramento delle loro condizioni e degli utenti con lunghe liste di attesa (per una cataratta agli occhi si deve aspettare un anno ad esempio) e taglio di servizi essenziali. La logica aziendalistica, in cui la salute diventa una merce, comporta che ogni struttura ospedaliera, sia privata che pubblica, deve gestire i propri bilanci con prestazioni pagate dal sistema sanitario nazionale con tariffe prestabilite, ha prodotto mostruosità come avvenuto nell’ospedale Santa Rita di Milano, dove medici e amministratori sono stati condannati per aver truffato i pazienti sottoponendoli ad interventi non necessari, anche con gravi conseguenze, pur di far cassa. Mentre le strutture ospedaliere private sono più soggette alle pressioni di realizzare profitto, quelle ospedaliere pubbliche subiscono le conseguenze devastanti delle ripartizione politiche, con gestioni burocratiche legate più alla logica di partito che a quella delle competenze.
Ai molti danni prodotti dalle leggi nazionali emanate dai vari governi si aggiungono, nella regione Lombardia, gli attacchi promulgati con le riforme delle giunte regionali, da Formigoni all’attuale Maroni, dove gli ultimi provvedimenti rischiano di dare un colpo finale alla locale assistenza sanitaria.
La legge regionale dell’11 agosto vuol attuare una riduzione delle ASL arrivando ad un numero di 4 per tutta Milano, dove l’ospedale S.Paolo e il San Carlo debbono diventare una sola struttura ospedaliera. Questo comporterà un inevitabile disagio per gli utenti ed un ulteriore taglio dei posti letto che oltre 7mila si sono già persi in 3 anni e 45mila dal 2000 al 2009. All’ospedale San Carlo i posti letti da 1200 verranno ridotti alla fine a 400, per un bacino d’utenza molto vasto, sacrificando ad esempio, come già in precedenza riportato, il settore delle cure mentali dove l’USI sanità della sezione locale sta dando battaglia. Tutto a vantaggio del privato che sta avanzando progressivamente nel territorio.
Il provvedimento governativo che riduce ai medici le prescrizioni di esami e controlli sanitari oltre ad essere un attacco alla loro dignità professionale, diventa un pesantissimo attacco alle possibilità di cure per la parte più disagiata della popolazione. Un provvedimento che ha portato la categoria dei medici allo sciopero del 16 dicembre con cui anche il “coordinamento lavoratori e utenti della sanità” di Milano ha solidarizzato.
Si stanno imponendo in diversi ospedali, vedi la Sacra Famiglia di Cesano Boscone (MI), come già fatto presente in queste colonne, aumento di carichi di lavoro per i dipendenti, affidando agli ausiliari mansioni aggiuntive sottratte ai lavoratori delle cooperative in appalto, come il lavaggio dei piatti, sottraendo personale interno dirottandolo per l’assistenza domiciliare, con ulteriore carichi di lavoro per chi opera nei reparti, operando per il peggioramento dei contratti aumentando l’orario di lavoro da 36 ore settimanali alle 38 ore. Questo avviene alla Sacra Famiglia, fiore all’occhiello della curia milanese, ma non solo, dove la sezione USI locale ha proclamato lo stato di agitazione per opporsi al pesante attacco.
Nell’intento di attuare una valida difesa del sistema sanitario pubblico universale e gratuito il “coordinamento lavoratori e utenti della sanità” di Milano sollecita una indizione di sciopero generale per il diritto alla salute e per la difesa dei diritti dei dipendenti e organizza una assemblea pubblica il 27 febbraio dalle ore 16 nella sede di via Micene, gentilmente concessa da “Libero Spazio Micene”.
Enrico Moroni